Con l'epidemia di coronavirus si stima che l'87% degli studenti nel mondo, vale a dire 1,5 miliardi tra bambini e ragazzi, non stia andando a scuola. Così le classi di ogni ordine e grado si sono ritrovate a riorganizzare in digitale le proprie attività per continuare l'insegnamento. Riccardo Barlaam sul Sole24ORE ha raccolto tutti i servizi educativi in uso. Si parte dalle lezioni video su piattaforme come Zoom, Live Storm e Zoho, per poi passare ai compiti svolti su G Suite che permette agli insegnanti di controllarne lo stato di avanzamento e le ricerche di testi su Google Scholar (strumenti, questi ultimi due, messi a disposizione da Google). La storia dei Mooc – acronimo di Massive open online courses, cioè corsi di formazione online interattivi dove i ragazzi studiano nonostante gli atenei chiusi - inizia nel 2002. All'epoca queste risorse avevano un altro nome e vennero lanciate dalla piattaforma californiana Lynda. Il termine “mooc” è arrivato sei anni più tardi a opera di due professori universitari canadesi, Stephen Downes e George Siemens dell'Università di Manitoba, che lanciarono un corso video e gli diedero quel nome così da poter raggiungere tutti i loro studenti, anche quelli provenienti dalle zone più remote della provincia. Alcuni anni più tardi, nel 2012 due professori di computer science dell'Università di Stanford, Andrew Ng e Daphne Koller, fondarono una startup chiamata Coursera. La piattaforma nasceva per offrire Mooc alle università di tutto il mondo e nel tempo è diventata un colosso con 53 milioni di studenti registrati e 3,800 corsi universitari. Oggi Coursera – che si potrebbe tradurre in “l'era dei corsi digitali” - vale oltre un miliardo di dollari ed è controllata dalle società di venture capital Kleiner Perkins, New Enterprise Associates, Learn Capital, e Seek Group. A farle concorrenza ci sono anche edX, piattaforma di corsi a distanza creata dal Mit di Boston insieme ad Harvard, Class Central, Udacity e Lynda che nel 2015 è stata comprata da Linkedin per 1,5 miliardi. Con la pandemia del Covid-19 diversi tra questi provider di formazione si sono mobilitati per rendere gratis parte del loro catalogo di corsi universitari. Class Central per esempio ha messo a disposizione 500 insegnamenti offerti dalla Ivy League mentre su Coursera sono stati resi gratuiti fino al 31 luglio 100 corsi universitari, con tanto di attestato di frequenza rilasciato al termine del percorso formativo in molti casi. Uno dei grandi problemi delle scuole americane però è l'assenteismo degli studenti, che si acuisce in situazioni di disagio sociale o povertà. A Los Angelese per esempio un terzo degli studenti non si collega ai corsi online o non fa i compiti assegnati. Nell'area, che è la zona urbana più sviluppata e ricca del paese assieme a New York, si stima che il 13% degli studenti delle scuole superiori non abbia accesso a internet. É il cosiddetto digital divide che colpisce anche le aree rurali come l'Ohio dove tanti studenti vivono in zone remote non servite dagli internet provider. Nel distretto di Cleveland, una delle città americane con la più alta percentuale di bambini poveri della nazione, tra il 30% e il 40% degli studenti non ha accesso a Internet e molti degli studenti sono lasciati senza supervisione mentre i genitori devono uscire di casa per continuare a lavorare e non perdere il reddito. C'è poi chi si attiva per dare un pasto ai bambini poveri e alle loro famiglie con le scuole chiuse. È il caso di Thoma Bravo che ha stanziato due milioni di dollari per un'organizzazione no-profit di San Francisco che si occupa di sostegno agli studenti più indigenti del distretto scolastico garantendo la distribuzione dei pasti.