La notizia è ufficiale: la Whirlpool di Napoli chiude. Dal primo novembre l'azienda avvierà la procedure per cessare l'attività produttiva nel sito campano. I dialoghi tra la multinazionale americana e le istituzioni italiane non hanno dato buon esito e a rischio ci sono i posti di lavoro di 412 dipendenti diretti. Il piano di Whirlpool che però non è stato accettato dal governo italiano prevedeva una riconversione del sito con la cessione dello stabilimento alla Passive refrigeration solutions (Prs), società con sede legale a Lugano che fa capo a imprenditori italiani, per produrre conteiner refrigerati. Secondo la multinazionale degli elettrodomestici questa sarebbe stata l'unica soluzione in grado di garantire la salvaguardia occupazionale e la sostenibilità nel lungo periodo dello stabilimento. Le istituzioni italiane (sindacati, governo e amministrazione locale) invece contestano all'azienda di non aver rispettato gli accordi siglati a ottobre 2018 che prendevano degli investimenti a Napoli e non la cessione a un'altra azienda. Mentre sfuma la possibilità di riallacciare il dialogo tra le due parti, esce allo scoperto un nuovo piano studiato dal Mise con il coinvolgimento di Invitalia, l'agenzia pubblica per l'attrazione degli investimenti. Si tratterebbe di un intervento di salvataggio sul modello di quanto fatto con l'ex Alcoa. Il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca durante un intervento a una radio locale ha anche dichiarato di avere scritto una lettera a Invitalia per chiedere un estremo confronto. Dal canto suo, la Regione Campania sarebbe pronta a mettere a disposizioni fino a 20 milioni di euro. Un ostacolo all'operazione potrebbe essere che il fondo antidelocalizzazione che era stato creato dall'ex ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, e che potrebbe essere necessario oggi, non c'è più perché inglobato dal Fondo nazionale per il venture capital. Ancora più difficile l'ipotesi di intervenire nella vertenza con una norma ad hoc.