Studi e approfondimenti
6 Settembre 2021

Tre domande a…

Andrea Tomaschù, amministratore delegato e Partner di Riello Investmenti Partners SGR

Il mercato del private capital è cambiato e cambierà nel prossimo triennio; quali sono le principali tendenze secondo il suo punto di vista?

Credo che il private capital abbia mantenuto le sue promesse soprattutto in questo ultimo anno e mezzo, nel quale l’economia è stata a più riprese stravolta dalla emergenza sanitaria conseguente alla pandemia. 

Non solo gli investitori professionali sono stati vicini alle proprie società in portafoglio affiancandole nelle proprie scelte e sostenendole finanziariamente là dove necessario, ma hanno continuato ad investire in nuove società confermando il dinamismo del tessuto imprenditoriale italiano anche in un momento certamente non facile.

Nel prossimo futuro l’intervento degli investitori in private capital non potrà non essere influenzato, da un lato, dal programma di investimenti previsti da PNRR che certamente potenzierà la crescita dei settori più interessati dagli interventi e, dall’altro, dal forte impulso giunto dall’Europa verso la sostenibilità ambientale e sociale. In questo contesto sono certo che l’attività di investimento del private capital può e deve giocare un ruolo importante nell’economia reale del nostro Paese.   

Questi mesi possono essere una grande opportunità per l’economia italiana e per le tante imprese che la compongono; quali le sue previsioni o aspettative? 

Già in questi mesi le imprese italiane stanno rapidamente recuperando il rallentamento dell’ultimo anno, i problemi sono ancora molti, soprattutto in alcuni settori, ma soprattutto la voglia di rilancio che si riscontra è un forte motore di crescita. Gli interventi del PNRR così come i temi legati alla transizione ecologica e alla transizione digitale sono altrettante opportunità di sviluppo e in alcuni casi di riorientamento di alcuni settori che rischiano, se non colgono l’esigenza di cambiamento, l’obsolescenza. 

In questo ambito il private capital può certamente essere un attore importante non solo nell’indirizzo dei propri investimenti, ma anche nel favorire la crescita della dimensione media delle PMI italiane sufficiente per potersi confrontare da pari nel contesto europeo.  

Quale il ruolo dei fondi da lei gestiti? Cosa servirebbe per poter fare di più per l’economia reale?

Aiutare le PMI italiane a crescere dimensionalmente e poter quindi giocare un ruolo maggiore in Europa è sicuramente un importante obiettivo da perseguire.

Noi siamo attivi nel private capital con fondi di Private Equity e di Private Debt e siamo dedicati ad investimenti in società italiane nel segmento delle PMI che oggi, come in passato, offre molte opportunità di investimento e richiede al contempo la capacità di comprendere le dinamiche imprenditoriali, soprattutto delle imprese di minori dimensioni, cosa non sempre facile soprattutto per gli asset manager esteri.  

Per favorire un maggior supporto e intervento nell’economia reale del nostro Paese occorrerebbe una maggiore partecipazione al settore da parte dei grandi gestori del risparmio di lungo termine, quali investitori previdenziali e assicurativi, che in Paesi come gli Stati Uniti o la Gran Bretagna sono il primo fornitore di risorse finanziarie sia nel private equity che nel private debt. Sotto questo profilo forse occorrerebbe qualche intervento anche a livello regolamentare in grado di rimuovere alcuni degli ostacoli che ancora esistono in questo ambito.

Il caso dei PIR alternativi è emblematico, perché se da un lato è uno strumento molto interessante ed efficiente sia per la domanda sia per l’offerta, dall’altro, nella sua applicazione concreta la maggior parte del mercato lo ha realizzato sotto forme di investimento che hanno favorito indirettamente ancora le aziende quotate, senza raggiungere con l’ampiezza che si auspicava il segmento non quotato. 

L’obiettivo è quindi avvicinare i grandi gestori del risparmio di lungo termine agli operatori nazionali di private capital veicolando in tal modo il “nostro risparmio” verso la “nostre imprese” creando un circolo virtuoso che non potrà che avere effetti positivi e di lungo termine sull’economia reale.

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