Studi e approfondimenti
8 Settembre 2021

Odissea nello spazio o Ventimila leghe sotto i mari?

Tianxia, tutto quello che accade sotto il cielo

Fondale marino e minatori

Esiste un territorio inesplorato dove gli uomini ancora paventano avventurarsi. Non è lo spazio, nemmeno l’oscurità profonda dell’anima umana ma il fondale marino (che comunque pure lui è piuttosto oscuro). 

È assurdo ma sappiamo molte più cose dello spazio orbitale, suborbitale o circumlunare di quanto sappiamo dell’oceano e soprattutto dei fondali marini. 

Abbiamo scansioni più o meno precise di questo mondo e poco altro. La ricchezza delle forme di vita, delle sostanze di cui esse si nutrono e delle risorse minerali la presenti, ancora ci sfugge. 

Giusto per dare una piccola idea di quello che ci può offrire il fondo degli oceani pensiamo a un innocente lumaca di mare. Una volta compreso che le sue punture erano mortali… alcuni scienziati hanno cominciato a lavorarci su e stanno inventando un nuovo tipo di farmaco (per l’insulina) più efficace per contrastare il diabete. Tuttavia se le ricchezze biologiche marine sono ancora tutte da scoprire (motivo per cui si dovrebbe trattare gli oceani con un pò di gentilezza, invece che considerarli le discariche di tutta la nostra pattumiera); esiste un segmento dello sfruttamento del suolo oceanico che, già oggi, dimostra nelle caratteristiche “bancabili”. 

Il mondo e l’oceano

Ad oggi lo sfruttamento del suolo oceanico è rivolto per lo più all’estrazione di materie prime fossili energetiche. Un’attività redditizia, tecnologicamente molto complessa e, cosa non secondaria, altamente pericolosa. Il deep drilling platform di Macondo, con la marea nera che ha intasato l’intero golfo del Messico, dovrebbe far riflettere. 

Lo scenario legale e geopolitico mondiale è ancora molto confuso. Nel 2020 i britannici e gli americani hanno cominciato a proporre la definizione di una più razionale visione dello sfruttamento dei fondali marini. La UE, come al solito moderata e cauta, già dal 2015 ha aperto tavoli di discussione per comprendere non solo le sfide tecniche e legali ma anche l’impatto ambientale (potenzialmente devastante). 

La Cina e l’oceano

Nel 2020 il Fendouzhe, mini sommergibile cinese creato per le grandi profondità, si è fatto un giro in zona fossa delle Marianne. Un luogo inospitale per noi umani (con una pressione di 8 tonnellate per centimetro quadrato, non è adatto per una nuotata). Il test è stato un successo e ora i cinesi contano di creare una piccola flotta di queste unità per esplorare i fondali marini nelle loro acque territoriali… e oltre.

La passione cinese per il fondo degli oceani è cominciata, ufficialmente nel 2016, con Xi che discuteva della ricchezza marina e la necessità di tecnologie e leggi specifiche per poterla valorizzare. Il Fendouzhe è solo una parte della visione strategica cinese. Nello stesso anno il Dragone ha definito un quadro normativo e legale per lo sfruttamento dei siti sottomarini. Un tema già menzionato nel 12th (2011-2015) piano quinquennale e ripreso con maggior enfasi nel 13th (2016-2020) piano. L’interesse cinese per i fondali marini non ha solo vantaggi civili ma anche militari. Tuttavia tralasciando la geopolitica e focalizzandoci sulle operazioni civili possiamo già contare alcuni successi cinesi. I contratti di esplorazione di giacimenti polimetallici sottomarini firmati dall’ISA (International Seabed Authority) vedono il governo cinese, e relative aziende, tra le realtà più presenti nella lista dei siti minerari.

Aspetti ambientale ed ESG

Se le potenzialità esistono egualmente esistono i rischi. Quello ambientale è il più rilevante. A oggi gli oceani sono utilizzati come discarica per rifiuti più o meno pericolosi. A cui si aggiungono naufragi su base settimanale (non parlo solo di quelli che guadagnano le prime pagine, ma tutte le carrette del mare che colano a picco per incidenti o per meri scopi assicurativi). A questi si aggiunga l’inquinamento generato a terra che viene sversato, via fiumi, in mare e negli oceani. Come dire, già così gli oceani non se la cavano bene. Tuttavia la nostra ignoranza sulle dinamiche oceaniche (pensiamo ai recenti studi sui Jetstream) ci preclude persino la capacità di comprendere quanto, effettivamente, un attività mineraria strutturata e diffusa su scala industriale, possa essere dannosa per gli oceani e tutte le forme di vita che li popolano. In tal senso l’investimento in aziende che hanno progetti sottomarini dovrebbe essere anche un allarme per qualunque fondo che abbia interesse a mantenere una credibilità e una politica ESG compliance. Le attività estrattive sono per definizione inquinanti, non è un segreto. Ma se sulla terra cominciamo oggi a comprendere l’impatto (più devastante di quanto si pensasse) l’estrazione subacquea rischia di innescare processi a catena in un ecosistema di cui sappiamo ancora troppo poco. L’ambizione di un fondo di investimento nel diversificare il suo portfolio nel settore delle rinnovabili (e relativa filiera) dovrebbe passare da una attenta valutazione dei rischi di inquinamento legati ad aziende attive nell’estrazione mineraria o fossile sottomarina. 

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Aut. Trib. Milano n.38 dell'8 febbraio 2016
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