Di recente anche il Financial Times ha riportato le mosse del piccolo stato europeo. Il focus di questa di analisi è una riflessione sul dettaglio legale dello sfruttamento minerario sugli asteroidi. L’idea che nello spazio ci siano miliardi di tonnellate di oro, ferro, titanio (pronte per essere estratte) è il tema più spesso venduto dai Pr aziendali ai media per fare Hype.
Il documento da cui partire per discutere di Space economy in salsa Lussemburghese è del 2017: “Esplorazione e utilizzo delle risorse spaziali”
Dal 1° articolo si comprende la natura prettamente commerciale del trattato: “le risorse spaziali possono essere possedute”. Una definizione che va in controtendenza con la maggioranza dei trattati pre-esistenti.
Il trattato che definisce l’attuale framework legale, condiviso dalla maggioranza degli stati risale al 1966-67. L’Outer Space Treaty (di seguito OST) stabilisce che gli stati non possono possedere dei corpi celesti (asteroidi inclusi). Il trattato è stato scritto durante la guerra fredda, periodo in cui la capacità degli stati di esplorare e, eventualmente possedere, parti di corpi celesti era più teorica che pratica. C’è da rilevare che nel periodo in cui fu scritto l’OST la presenza di aziende private capaci di partecipare in prima persona all’esplorazione spaziale o lo sfruttamento dello stesso, era inesistente.
L’articolo 1°del OST stabilisce il principio di “libertà e utilizzo dello spazio Luna e corpi celesti in accordo con le leggi internazionali”. Tuttavia questo concetto di libertà ha dei limiti. Esiste un principio di non proprietà definito nel 2° articolo: “lo spazio, Luna e altri corpi celesti non sono soggetti ad appropriazione utilizzo o occupazione e altre interpretazioni”.
Un simile concetto viene poi ribadito nel articolo 11 dell’Accordo Lunare.
Questi articoli sembrano definire la non-possibilità di avere diritti di possesso da parte di stati e entità private. Il documento lascia, tuttavia, uno spazio interpretativo piuttosto amplio.
La scappatoia “dell’Umanità”
Esiste potenzialmente una scappatoia, utilizzabile nei futuri quadri legali nazionali (come il Lussemburgo).
Il 1° articolo dell’OST, nelle prime 2 righe, menziona la “provincia di tutta l’umanità (traduzione letterale)” e dichiara che si possa avere un regime di sfruttamento a beneficio di tutta l’umanità. Una posizione simile viene anche dall’articolo 11 dell’accordo lunare del 79.
Tuttavia il concetto di umanità, negli accordi, viene discusso con due sfumature linguistiche (in lingua inglese) che rendono questo concetto molto sfumato: “Province of Mankind (stesso termine usato dal rappresentante del Lussemburgo, Serres, di recente)” e “Common Heritage of Mankind”. Per quanto i due concetti suonino simili, differenti studiosi legali notano delle differenze.
Il concetto di “province of all mankind” non definisce nessun obbligo di condividere i benefici derivati dalle attività spaziali. Questo concetto strizza l’occhio ad un attività mineraria estrattiva di stampo privato (per estensione a vantaggio della legislazione lussemburghese).
Per opposto nel concetto di ‘”Common Heritage of Mankind” l’esplorazione e lo sfruttamento dello spazio, le risorse dei corpi celesti e gli asteroidi potrebbe essere svolto ma, solo, in accordo con regole stabilite e condivise dalle differenti autorità internazionali (che sono rappresentate e partecipate dai singoli stati).
In entrambi i casi l’essenza dei concetti (“Province”, “Heritage”) ricade nella più amplia definizione di “comune interesse dell’umanità (common interest of mankind)”. Nel preambolo dell’OST si dichiara che un progresso nell’uso dello spazio deve essere effettuato a beneficio di tutte le persone, a prescindere dal loro status economico o sviluppo scientifico. Questo concetto di “comune interesse dell’umanità” è stato più volte confermato come, valore fondante e condizione sine qua non, in differenti sedute storiche dell’assemblea delle nazioni unite: Risoluzione 1348(XIII) del 13 Dicembre 1958, 1472(XIV) del 12 Dicembre 1959, 1721(XVI) del 20 Dicembre 1961, 1962(XVIII) del 13 Dicembre 1963, e, di recente, nella 55/122 del 27 Febbraio 2001.
Similitudini tra sfruttamento suolo oceanico internazionale e corpi celesti
Il concetto di “comune interesse dell’umanità” prende ispirazione da una definizione e discussione precedente che non legata allo sfruttamento di risorse spaziali. Il concetto risale Arvid Pardo, rappresentante di una nazione europea (Malta) presso l’ONU. In una nota del 18 agosto 1967, per la 22° sessione dell’assemblea generale dell’Onu, sulla regolamentazione dei fondali marini, Pardo spiegò che “ alla luce delle tecnologie attuali e future è chiaro che il fondale marino oltre i 200 metri di profondità diventerà presto soggetto a sfruttamento. L’unica valida domanda, che ci si deve porre, è se sarà sfruttato dalle singole nazioni per il loro interesse, oppure sarà sfruttato sotto gli auspici di un comune interesse dell’umanità?”. Pardo ci aiuta anche ad introdurre un altro approccio, piuttosto creativo e fantascientifico (al momento), che potrebbe rendere la corsa alle risorse spaziali asteroidali, ancora più feroce ma legalmente accettabile…
La scappatoia dei Seastead come entità indipendenti
Riprendendo la discussione legale di sfruttamento dei fondali marini è da ricordare che la maggioranza di essi sono in acque internazionali. La legislazione in ambito di acque internazionali (come il recupero di relititi etc..) ha alcune similitudini con quella spaziale attuale. Da alcuni anni si discute di come delle comunità d’individui, che hanno lo stesso assetto economico, politico e/o filosofico, potrebbero creare dei nuovi stati nelle acque internazionali. Il progetto più recente si chiama Seastead. Il progetto, nato dalla fervente mente di Patri Friedman (nipote del compianto teorico liberista Friedman) prevede la creazione di un isola artificiale galleggiante mobile, che possa ospitare una popolazione di neoliberisti. Qualcosa a metà tra una capitale mondiale del liberismo e un paradiso fiscale. Questa soluzione avrebbe i vantaggi, se resa effettiva, di essere una neo nazione che, muovendosi nelle acque internazionali, avrebbe diritto di esplorare una parte dei fondali sui quali galleggia. La tecnologia necessaria per avere una città del genere è ancora in sviluppo ma il principio di creare una nazione da zero, in un territorio non sovrano, ha un forte appeal se parliamo della cintura degli asteroidi. Se, un grande “se” vi è da ammetterlo, i primi minatori di asteroidi decidessero di riutilizzare le cavità dei loro sassi, parzialmente svuotate dei minerali, come caverne o biosfere adatte alla vita umana? Applicando leggi assimilabili a quelle territoriali nautiche, si potrebbe ottenere una nazione che può legalmente vantare diritti per un certo raggio di km su altri asteroidi. La discussione allo stato attuale è altamente teorica, ma pur sempre un tema che dovrebbe essere condiviso nelle successive attività normative in materia di spazio e relativa colonizzazione.
L’Agenda Space 2030
Emerge un tema aggiuntivo nella discussione spaziale. L’Agenda Space 2030: concettualmente la versione spaziale delle dichiarazioni di sostenibilità degli ultimi anni come i Millenium Goals. Questa agenda prevede comportamenti sostenibili nel gestire le risorse spaziali, siano esse orbite satellitari, corpi celesti rilevanti come Luna o gli asteroidi. Per quanto questo documento sia molto recente è destinato a rendere ulteriormente complessa la volontà di alcuni stati di normare, in modo privatistico, lo sfruttamento minerario asteroideo.
Che si parli di Province o Heritage il concetto unificante da cui partire è “umanità”. La definizione stessa di umanità è una nozione basata sull’unità non sulle divisioni. Si può definire come la totalità delle persone del genere umano, a prescindere da dove si trovino.
La soluzione finale, che si può concepire per lo sfruttamento spaziale di risorse, è che venga istituito o rafforzato (pensiamo alle agenzie Onu già esistenti) un organismo, che possa in seguito normare e definire una struttura legale condivisa, a livello mondiale, da ogni stato. In questo modo lo sfruttamento delle risorse sarà comunque un evento in cui tutta l’umanità, o quanto meno i suoi rappresentanti eletti, potrà partecipare. Non è questo lo spazio adatto per discutere quanto e/o quando questa visione positivista e garantista potrà vedere la luce. Le tensioni geopolitiche attuali, anche solo per la definizione di una stazione orbitale lunare, fanno pensare che una soluzione legale sarà trovata ma con un grande impegno e che, la stessa, avrà molte “porte di servizio” per rendere accettabile e legale lo sfruttamento. Dopo tutto, come le baleniere giapponesi insegnano, la ricerca scientifica viene prima di tutto.
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