L'Unione europea è impegnata a diventare il primo blocco di Paesi al mondo a impatto climatico zero entro il 2050. Per questo motivo sta mettendo a punto un piano di impegni, il Green Deal Ue che, mobilitando fondi pubblici e privati, dovrebbe tradursi in almeno mille miliardi di investimenti. Tra gli strumenti – e obiettivi – del piano c'è anche investire nei boschi e le attività a essi collegate. Le foreste sono potenti alleate nel contrastare il cambiamento climatico: per esempio contribuiscono a stoccare l’anidride carbonica, prevengono i danni da dissesto idrogeologico e forniscono materia prima combustibile non fossile e rinnovabile. Per questo motivo, come suggerisce al Sole24ORE Paolo Fantoni, presidente della European Panel Federation, riconoscendo alle foreste un ruolo strategico di stoccaggio della CO2, la Ue dovrebbe premiare i privati che investono nei boschi, cosa che però per adesso non succede. L'Unione europea, dice Fantoni, dovrebbe studiare formule di incentivo per attrarre grandi fondi internazionali di investimento che invece finora non sono mai stati considerati come fattore di sviluppo del bosco. Eppure qualche esempio c'è: Idea Agro, per esempio - lanciato nella primavera del 2017 da Dea Capital Alternative Funds - ha realizzato il più moderno noceto d'Europa. Come siamo messi a riserve boschive in Europa? L'Unione Europea pur essendo uno dei luoghi più antropizzati del pianeta può contare sul 5% della superficie boschiva mondiale e questa porzione è in lieve aumento. Secondo Eurostat i 128 milioni di ettari di foreste ricoprono circa il 43% del territorio europeo e danno lavoro a oltre 503mila persone. I Paesi che hanno più risorse boschive sono Svezia, Finlandia e Germania. L'Italia si piazza al quinto posto per valore aggiunto prodotto sull’economia e anche per numero di addetti nelle attività legate al bosco. Se da una parte i boschi italiani non ha un’adeguata valorizzazione economica, e questo abbassa la qualità della materia prima disponibile. Dall'altra il nostro Paese può contare sulla coltivazione dei pioppi, un'industria fiorente tra gli anni 60 e 80 e che è stata riscoperta negli ultimi cinque anni. Si tratta di alberi che raggiungono la maturazione in 10, 12 anni e assorbono più anidride carbonica di altri. Per questo motivo l’Italia spinge per inserire anche la loro coltivazione nel Green Deal.