Dopo tre settimane dalla partenza della fase II dell’emergenza Covid-19, il messaggio che gli operatori del private equity lanciano contiene i primi segnali confortanti: il settore è consapevole del ruolo importante che possano avere i capitali privati per la ripresa del Paese.
Il momento, nel suo frangente più puntuale, resta critico, ma se le aziende sapranno sfruttare il rallentamento per rivedere i propri modelli di business o addirittura accelerare la crescita anche tramite acquisizioni e aggregazioni, potrebbero uscire dal contesto ancora più forti.
La liquidità a disposizione dei fondi di private equity è notevole e coerente con il trend degli ultimi due anni in cui le principali banche centrali hanno adottato politiche espansive ed il costo del denaro è stato azzerato.
A fronte dei primi segnali di rallentamento che si annidavano nelle previsioni di fine 2019, la tempesta epidemiologica ha stravolto gli scenari. Dipenderà dai settori e anche dalle singole aziende, ma in generale ci si può aspettare un quadro economico rallentato almeno fino a settembre con un possibile successivo rimbalzo nel 2021 e, probabilmente, solo nel 2022 il gap verrà colmato.
La priorità fondamentale per tutti gli operatori, quindi, è stata porre, per quanto possibile, in sicurezza i portafogli, ricorrendo a tutti gli strumenti di finanza disponibili, ivi compresi i mezzi che, pur tra molteplici imperfezioni e tempistiche non così celeri, le Istituzioni hanno reso disponibili.
Superato questo primo passaggio, è chiaro che i mercati al momento siano caratterizzati da uno scenario di incertezza e ridotta visibilità. Riteniamo sia spesso difficile fare piani per le nostre aziende, ed è certamente ancora più complesso in questo momento pensare a operazioni a lungo termine su nuovi assets.
Se guardiamo alla crisi del 2008, il tempo per riportare a regime il flusso di investimento è stato almeno di un anno. Questa volta probabilmente la ripresa avverrà in tempi più stretti considerato il fattore esogeno scatenante. Non riteniamo ragionevole aspettarsi una forte flessione dei multipli da applicare alle aziende per la valutazione, quanto piuttosto, emerge l‘interrogativo su quale parametro temporale considerare. Nel prossimo futuro ci si focalizzerà su quei progetti che porteranno tutti gli interlocutori coinvolti nella condizione di stabilire un rapporto solido e di fiducia nella fase iniziale ed al contempo riconosceranno alle parti congrua remunerazione del rischio al raggiungimento di obiettivi futuri condivisi. In questo senso quindi, così come accaduto in tutte le crisi precedenti, ne usciranno aziende migliori, più efficienti e con processi ottimizzati.
Il private equity italiano sa che può avere un ruolo determinante in questa fase dove il rafforzamento patrimoniale dovrebbe fare premio rispetto al debito. Aksia Group sta già facendo la sua parte e intende continuare, cosi come ha fatto nei sui oltre venti anni di attività, al fianco di imprese eccellenti, imprenditori e manager.
Aksìa Group è una società attiva nella gestione di fondi d’investimento mobiliari chiusi che investono in aziende italiane d’eccellenza di media dimensione. In oltre vent’anni di storia Aksia Group ha effettuato 39 investimenti attraverso 5 fondi per complessivi 400 milioni circa. Nel 2019 è stata lanciata la raccolta del quinto fondo con un obiettivo di 200 milioni, dei quali 120 circa già sottoscritti.