Superata l’emergenza Covid, e prima o poi questa verrà superata, bisognerà pensare alla ricostruzione. Le aziende italiane, che pur si sono affacciate a questa crisi con livelli di patrimonializzazione più alti che non ai tempi della crisi finanziaria del 2009-2010, si troveranno inevitabilmente iper indebitate.
L’unica opzione infatti che hanno avuto nei mesi del lockdown di primavera, e che avranno in questa seconda fase di restrizione, è quella di aumentare l’indebitamento per far fronte ai bisogni di liquidità, non coperti dal fatturato. Le politiche economiche hanno infatti puntato su prestiti garantiti e moratorie. Nel complesso si tratta (dati al 28 ottobre) di 240 miliardi di euro di finanziamenti che hanno avuto questo tipo di supporto.
Ma la ricostruzione non potrà che passare per la ricapitalizzazione delle imprese, anche perché saranno tempi difficili per il credito bancario: le ultime analisi della Banca Centrale Europea ci dicono che le banche dell’Eurozona hanno iniziato nel terzo trimestre 2020 a inasprire gli standard creditizi, ovvero le linee guida interne per la concessione dei prestiti, con una percentuale netta di banche che ha segnalato un rafforzamento degli standard di credito salita al 19% dall’1% del trimestre precedente. Tra i principali fattori alla base di tale dinamica, viene indicata un’accresciuta percezione del rischio di credito, influenzata dal deterioramento del contesto economico e dal peggioramento dell’affidabilità creditizia delle imprese. Tutti fattori che non spariranno facilmente, con l’affidabilità creditizia che è destinata con ogni probabilità a peggiorare.
La ricapitalizzazione può passare per tre strumenti principali.
Per le nuove aziende, già tipicamente poco bancabili, il supporto del venture capital sarà essenziale. Domandiamoci se il mercato è già sviluppato e cosa si può fare per farlo crescere ancora.
Per imprese di piccola dimensione, strumenti fiscali come l’ACE potranno svolgere un ruolo importante per incentivare gli imprenditori a sostenere patrimonialmente la loro azienda. Si tratta di dare risorse finanziarie, ma soprattutto certezza sulla stabilità nel tempo dell’incentivo.
Per le più strutturate il ruolo degli strumenti finanziari alternativi, ed in particolare di capitale, sarà fondamentale, in un approccio di affiancamento dell’imprenditore. Qui andranno superati due nodi non risolti: dal lato della domanda, fare in modo che l’imprenditore percepisca l’ingresso nel capitale di un operatore specializzato come un asset per potenziare l’azienda e aprire nuove prospettive, anche in termini di mercati. Dal lato dell’offerta, i fondi devono attrezzarsi per essere sempre più partner industriale, e non solo finanziario. In quest’ottica, vanno rilanciate le operazioni di minoranza, dove l’apporto di capitale è in un’ottica di crescita e di partnership, evitando appesantimenti del debito, che, post pandemia, sarebbero difficilmente gestibili se dovessero verificarsi difficoltà nell’azienda.