In un articolo pubblicato su il Sole 24 ore a firma del vice direttore Alessandro Plateroti, si parla delle “Linee guida finali sul trattamento delle esposizioni associate ad attività ad alto rischio”, diffuse dall'Eba guidata da Andrea Enria. Nel testo si dice che gli investimenti strategici e commerciali delle banche nei fondi di private equity non saranno più considerati asset ad alto rischio ai fini delle regole sull'assorbimento di capitale. Per il mondo del private equity è una buona notizia perché a oggi gli istituti dovevano contabilizzare tali investimenti come attività ad alto assorbimento di capitale. Per l'Eba, la caratteristica delle esposizioni nei fondi private equity è quella di restare a lungo nei bilanci delle banche “con l'obiettivo di generare un profitto attraverso, per esempio, un leveraged buyout, un'offerta pubblica iniziale o qualsiasi altro modo di vendere il capitale netto”. Se la banca ha l'intenzione di sviluppare una reale relazione strategica con il fondo in cui ha investito, “l'esposizione non è più soggetta al parametro minimo del 150%”. Quest'ultimo può ancora essere assegnato alla classe di attività ad alto rischio per altri motivi, ma non deve più essere considerato automaticamente come un investimento in private equity. Lato venture capital, il testo chiarisce che ciò include le esposizioni verso operatori che forniscono finanziamenti a imprese di nuova costituzione, finanziamenti per lo sviluppo e la commercializzazione di un nuovo prodotto o per l'espansione dell'attività d'impresa.