Le stime delle Nazioni Unite riportano che entro il 2100 avremo un equilibrio demografico. Vi sono anche stime che prevedono un paio di miliardi in meno di abitanti per il 2100. La definizione implica che avremo un numero di nascituri e morituri più o meno equivalente. Se consideriamo tutte le problematiche sorte in questi decenni riguardanti il boom demografico si può ritenere questa notizia (se diventerà realtà, dubito che sarò qui per controllare) un’ottima cosa. Tuttavia, la statistica è una cosa sinuosa: la parità demografica si otterrà con una maggior natalità (pur se controllata rispetto ad oggi) dei paesi del sud (Nigeria in testa) del mondo (di solito considerati paesi emergenti o secondo mondo) e paesi del nord più sviluppati. È auspicabile che anche i paesi OSCE abbiano modo di aumentare la propria produzione di umani? Sicuramente. Vi sono differenti ragioni sociali, economiche e biologiche, che riducono le possibilità di un aumento di natalità dei paesi Osce (il cui fanalino di coda è l’Italia).
Fattori socio economici
La società, il sistema delle aziende e lo stato stesso dovrebbe promuoversi per portare una maggiore integrazione e inclusione delle donne, e delle loro specifiche sfide, all’interno del dibattito pubblico e di quello aziendale (più avanzato di quello pubblico ma per lo più solo nelle multinazionali). Di fatto aumentando le politiche di inclusione, reprimendo quelle di discriminazione (attiva o passiva) nei confronti dei genitori, e specificamente delle potenziali madri, la demografia OSCE potrebbe migliorare. Il tema è molto complesso e non è il focus di questa analisi, tuttavia era doveroso accennarlo.
Fattori biologici ed economici
Dove biologia, economia e tecnologia si incontrano nasce un fiorente settore, spesso composto da aziende a guida femminile, chiamato Fem-tech. Si stima che questo settore avrà un valore approssimativo di 1.4$ miliardi nel 2024, e gà oggi ha una crescita YoY del 12%. Interessa tutti: le donne prima di tutto, i genitori (di norma una coppia che può includere anche un uomo), le aziende che producono prodotti per bambini, coloro che pianificano le pensioni e relative tasse. La demografia è una cosa seria. Da essa derivano aspettative, speranze, futuro e soldi da fare (bambini e animali domestici sono capitoli di spesa importanti!).
La Cina, che invecchia a vista d’occhio, ha ben capito il problema (specie quello della spesa sociale e delle tasse) ed ha rimosso la legge del primo figlio. Tuttavia, molti cinesi, specialmente urbani (una percentuale crescente dei cinesi) han dichiarato che “già costa un figlio, tirato su come si deve, figuriamoci due”.
Esiste un intero settore nel mondo startup che sta mettendosi di impegno per affrontare il tema (e magari farci due soldi). Nel 2020 ci sono state 57 operazioni per un totale di 376$ milioni di VC. Alcune delle exit tra 2019-20 più interessanti sono state: Progyny con una ipo da 130$ milioni, Kandy comprata da Bayer per 425$ milioni.
Femtech per settori
Per semplificare possiamo suddividere il mondo Femtech, e relative startup, in 4 sottogruppi primari.
- Reproductive health
- Healthcare & diagnostic
- General health & Wellness
- Pregnancy & family care
Se consideriamo la necessità/desiderio di molte coppie occidentali (con una capacità di spesa importante rispetto al sud del mondo) di avere figli/e, le opportunità di crescita per le startup del settore sono ottime.
C’è da ricordare che investire in startup è una scelta piuttosto rischiosa: la moria di startup resta ancora in un rapporto 9/10 (9 falliscono una cresce. Sera Prognostic (test di gravidanza) ha raccolto 100$ milioni. Tulip (gestione uova) ha preso 1.7$ milioni. Alife (algoritmi e in vitru) ha preso 9.5$ milioni. Orchid (screening genetico) 4$ milioni. Future Family (fertilità) ha raccolto 9$ milioni. Mate Fertility (fertilità e gestione familiare) 2.8$ milioni, Oath Care (supporto parentale) 2$ milioni. Bobbie (che è compliance con gli standard europei) ha preso 22 milioni per le nuove baby formula. Lo scenario cinese/asiatico ha eguali realtà, per quanto, con l’abolizione del primo figlio, il mercato cinese femtech deve ancora allinearsi e mappare meglio la popolazione urbana (quella che ha soldi da spendere e dati da fornire).
Avversità maschile ad investire.
Per quanto questo settore stia crescendo esiste un’opportunità di investimento ulteriore, in termini di “spazio”, generata da un classico Bias.
La stragrande maggioranza dei decision maker nei fondi di investimento sono uomini. Non è una critica ma un dato di fatto. La percezione che un uomo può avere del mondo femminile tende ad essere, per esser gentili, lacunosa. Va da sé che queste lacune cognitive (o Bias cognitivi) si integrano, inconsapevolmente (si spera) nel processo decisionale che implica una potenziale minor attenzione ai pitch o alle idee di startup femtech, stante l’incapacità maschile nel capire una serie di problemi femminili. A questo si aggiunga che molte (se non tutte) le startup femtech sono fondate e guidate da donne, che devono poi affrontare pitch o riunioni con board di soli uomini. L’opportunità di investimento nasce in questa bias. Per decision maker illuminati (maschi o femmine) esiste, proporzionalmente, una maggior scelta di investire.
Il tesoro nascosto delle Femtech
C’è un valore aggiunto che, al momento, non sembra ancora essere stato compreso a pieno, in questo settore: i dati. In Europa le nuove leggi sul Gdpr limitano l’accesso a dati sensibili, una soluzione normative simile sta prendendo piede anche in Usa e in Cina. Tuttavia, esistono scappatoie, quanto meno se parliamo del GDPR europeo. L’articolo 14 sicuramente è il più intrigante. Al netto delle scappatoie legislative (in Cina molte meno) resta sempre l’opzione dei dati dedotti per inferenza. Dei fondi con una capacità economica, logica e di network, potrebbero valorizzare i dati delle aziende Femtech, pur restando nell’alveo della legalità, a maggior vantaggio dell’ecosistema di aziende che hanno in portafoglio.
@enricoverga
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