Una nuova ricerca dell'università Liuc insieme ad AIFI e con Intesa Sanpaolo, ha indagato il rapporto tra la finanza alternativa e i processi di internazionalizzazione delle aziende. L'osservatorio Pem ha monitorato 154 operazioni distribuite su 149 aziende e nell'82% dei casi il private equity ha migliorato le performance all'estero delle società, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni. In particolare il 45% di queste durante l'holding period ha deciso di entrare in nuovi mercati mentre per chi era già presente fuori confine la possibilità è stata quella di rafforzarsi in termini di fatturato. I settori che hanno trainato l'export sono l'industria, i beni di consumo, la tecnologia e l'alimentare. Ogni settore però ha la sua area di riferimento e quindi le aziende del comparto industriale hanno scelto di internazionalizzarsi in Stati Uniti, Cina e India mentre quelle dei comparti dei beni di consumo hanno preferito Russia, Stati Uniti e Regno Unito. La strategia di solito messa in campo prevede l'apertura di una sede oltre confine insieme alla ricerca di agenti in loco e distributori specializzati insieme alla valutazione di eventuali operazioni di acquisizione per crescere su linee esterne. L'acquisizione ha riguardato per il 60% dei casi un competitor, nel 26% un cliente e nel 14% un fornitore. Il rafforzamento tramite questo tipo di operazioni, si scopre dalla ricerca, viene ripetuto almeno due volte. Non è però nnecessario essere delle grandi aziende per concludere acquisizioni. Durante l' holding period nel 59% dei caso l'azienda italiana aveva a un fatturato minore di 50 milioni di euro. La ricerca sarà presentata presso Intesa Sanpaolo oggi alle 16.00 nel corso del convegno su Creazione di valore e private equity. Per info: eventi@aifi.it