Lo scontro tra Matteo Arpe e Paolo Ainio per la gestione di Eprice si è concluso con un nulla di fatto, come scrive ANdrea Biondi su Il Sole 24 Ore. Ainio, fondatore della società italiana di ecommerce nonché primo socio con il 22,3% delle quote, è stato confermato presidente. Il secondo azionista di Eprice è Matteo Arpe, finanziere che tramite Arepo BZ (il veicolo controllato da Sator Private Equity Fund) ha investito in Eprice nel 2013 e ora controlla il 20,85% del capitale sociale. Arpe da tempo non era soddisfatto dell’andamento della società. Dall’Ipo, avvenuta nel 2015, Eprice ha perso l’80% del suo valore e bruciato 130 milioni di euro. Oltre alle prestazioni negative Arpe contestava la remunerazione del management spropositata rispetto ai risultati. Arpe chiedeva “discontinuità strategica” nella gestione dell'azienda per ridare nuovo slancio al suo investimento e così Sator il 23 marzo scorso ha presentato una propria lista di candidati al consiglio di amministrazione proponendo la sostituzione di sette consiglieri su 11. Tre giorni dopo anche Paolo Ainio ha presentato una propria lista, non condivisa con il socio. Il 16 aprile avrebbe dovuto essere il giorno del cambiamento della governance: in quella data era stata fissata l’assemblea che doveva approvare il bilancio 2018 e si doveva anche nominare il nuovo Consiglio d’amministrazione. Nel cda di martedì però tra i due ha avuto la meglio la lista presentata da Ainio e il fondo Sator di Arpe è restato in minoranza. Arpe in assemblea si è presentato con oltre il 72% del capitale, ma a favore della sua lista si è espresso poco più del 21% del capitale. Dei sette candidati presentati solo uno è stato nominato, Moshe Sad Bar, venture capitalist israeliano senior partner di Ta Capital ed esperto di tecnologia e innovazione. Durante il cda è stata anche bocciata la proposta del fondo Sator di un aumento di capitale in caso di una ulteriore riduzione di cassa a disposizione, dal momento che la liquidità di Eprice si è erosa fino a sette milioni di euro.