Assonime ha di recente avanzato al Governo una proposta in favore di molte imprese che sarebbero fuori dal radar del fondo Patrimonio Rilancio di Cdp: si tratterebbe di uno strumento per ricapitalizzare le imprese con fatturato da 2 milioni a 1,5 miliardi di euro.
Questo modello, spiega Laura Serafini sul Sole 24 Ore, è già stato introdotto in Francia con l’utilizzo di strumenti partecipativi che prevedono un intervento delle banche, che cederebbero poi il 90% di quei prestiti subordinati a fondi chiusi alternativi, le cui quote sarebbero acquistate da investitori istituzionali il cui intervento sarebbe coperto da una garanzia pubblica al 30%.
Il costo stimato sarebbe attorno a 6 miliardi di euro, con la capacità di supportare interventi per 20 miliardi. Secondo le stime, il tasso di default sarebbe inferiore al 7%, e l’intervento pubblico potrebbe essere necessario in vista del fatto che gli investitori privati potrebbero essere disposti a investire meno di quanto sia socialmente desiderabile.
La platea potenzialmente interessata da questo strumento sarebbe di circa 52 mila Pmi, per un fabbisogno complessivo di circa 17 miliardi di euro. L’intervento del fondo Patrimonio Rilancio, oltre ad essere destinato ad aziende con fatturato superiore ai 50 milioni di euro, ha criteri di accesso molto stringenti e il nuovo strumento servirebbe a venire incontro alle imprese che non possono accedervi.
Secondo il modello francese dovrebbero essere le banche a selezionare le imprese meritevoli di intervento e, nel caso in cui venisse attuato il progetto, sarebbero necessari degli aggiustamenti rispetto all’ordinamento nazionale.