Il processo di produzione dell’ammoniaca è relativamente semplice. È una sostanza che utilizziamo da poco meno di un secolo ma le cui applicazioni ci sono note. I bravi casalinghi italiani (la percentuale di uomini che adora far le pulizie in Italia è in continua crescita) la utilizzano come detergente. La sua conservazione di solito è in forma liquida oppure in soluzione acquosa (35% ammoniaca 65% acqua), imbottigliata in comuni contenitori a temperatura ambiente. In ambito industriale la sua conservazione, in forma pura, avviene in serbatori criogenici a pressione, che la tengono al di sotto della sua temperatura di ebollizione.
Applicazioni
L’ammoniaca è una sostanza altamente versatile e le sue applicazioni sono numerose. Come propellente ed esplosivo la troviamo mischiata ad altri elementi per ottenere: nitrato di ammonio NH4NO3, nitroglicerina, trinitrotoluene TNT, nitrocellulosa. È utile per produrre fibre e polimeri: poliammidi, poliuretani, resine fenoliche, ureiche e melamminiche. Come NH3 liquida si usa come fluido refrigerante anche nei comuni frigoriferi. In questa ultima forma è estremamente interessante come liquido di raffreddamento nella stazione spaziale internazionale e nelle future centrali a fusione orbitale o lunari. Tuttavia una delle recenti applicazioni, come combustibile, rendono questo prodotto ulteriormente particolarmente interessante.
Ammoniaca e navi
La combustione dell’ammoniaca non produce Co2. La sua produzione, come detto, è relativamente semplice e la sua applicazione come combustibile è valida sia per motori a combustione interna che fuel cell. In più possiede 10 volte la densità energetica di una batteria a ioni di litio. Queste sue caratteristiche le rendono un valido sostituto ai carburanti fossili da cui dipende l’industria marittima.
L’industria del trasporto navale è, singolarmente, una delle industrie che producono maggior inquinamento. L’utilizzo di carburanti fossili pesanti (di solito il Mazut, se va bene il diesel) rende questo settore uno dei principali contributori all’inquinamento (3 % delle emissioni mondiali di Co2) . Di recente la IMO (International Maritime Organization) ha deciso di metterci una pezza e obbligare l’industria navale a divenire più verde. Nel 2018 è stato deciso un taglio netto del 50% delle emissioni rispetto ai livelli del 2008, da raggiungersi entro il 2050.
Raggiungere questo obbiettivo, per un industria che, di fatto, si è sempre infischiata del problema inquinamento, non è facile. Questo obbiettivo implica di fatto l’aggiornamento di tutte le flotte mercantili, la rottamazione delle unità più inquinanti (circa il 20-30%) e la creazione di design di scafi, con materiali più performanti, con motori più puliti. Ecco che arriva la nostra amica ammoniaca a dare una mano.
Progetti pilota e retrofitting
Per chiunque abbia un’inquinante Suv ma, toccato dalla mano santa di una gentile anima del nord Europa, voglia essere meno inquinante, il gpl è quel che ci vuole. Il retrofitting di un veicolo a benzina con il gpl ha notevoli vantaggi: permette di entrare nel centro storico a veicoli euro 0-1 benzina, taglia del 60% il costo carburante, rende più felice madre natura (e la tizia con le treccine bionde di cui sopra). Il problema è che il retrofitting si paga (in media tra i 1000 e i 2000 euro). Anche il retrofititng navale non sarà economico. Si stima che dovrebbe costare intorno ai 1,4$ trilioni di dollari. E, in buona parte, sarà pagato dagli armatori (che andranno a piangere miseria allo stato chiedendo sussidi). Una delle prime navi che dovrebbe andare ad ammoniaca, entro il 2024, sarà la Viking grazie a un piano sussidiato dala UE (cosa vi dicevo!). Già si stanno muovendo alcune aziende per cominciare a produrre ammoniaca ad uso carburante. Ci si mette Wartsila, seguita da Yara.
Entro il 2050 il 25% del carburante utilizzato nell’industria mercantile marittima potrà essere ammoniaca.
Dove c’è verde ci sono ESG e il tema ammoniaca, una volta integrato nel segmento navale, potrebbe aiutare molte aziende a diventare più amicone degli ESG, e quindi più papabili da fondi di investimento che mirano ad avere portfolii ESG compliance con un piede nel mondo dell’industria navale.
Non succederà tutto oggi, ma i presupposti per un industria navale pulita (diciamo più pulita) e amica dell’ambiente (o quanto meno non nemica) ci sono. Ora non resta che investire ed aspettare. Come disse un saggio esperto di industria navale “finchè la barca va’ lassala andare”.
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