Fedrigoni, nome storico dell'industria cartaria italiana, negli ultimi anni ha arricchito la sua galassia di applicazioni. Per farlo l'azienda, che dal 2018 fa capo al private equity Bain Capital, ha fatto acquisizioni, lanciato nuovi prodotti e inserito nuovi manager e oggi è il terzo competitor al mondo. Nel 2020 l'azienda ha fatturato 1,3 miliardi di euro, per il 74% all'estero, col 15% di margine operativo lordo adjusted. La performance ha risentito della pandemia da coronavirus e il suo peso si è fatto sentire soprattutto nelle settore delle carte speciali (che hanno accusato il colpo di un -15/20%). La strategia di crescita dell'azienda punta su due segmenti: etichette autoadesive e carte grafiche e packaging ad alto valore aggiunto. Nel mondo delle etichette Fedrigoni è il terzo operatore al mondo grazie a due operazioni chiuse l'anno scorso: l'acquisizione della multinazionale italiana Ritrama con stabilimenti in Italia, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti, Cile e Cina; e quella della messicana Papelera Venus, azienda più piccola con 18 milioni di dollari di fatturato ma strategica per allargare il mercato nel sud degli Stati Uniti e in Centro e Sud America. Nel segmento delle carte speciali invece il gruppo veneto è oggi primo in Europa con una quota del 25% del mercato. Le prospettive per le etichette autoadesive sono di crescita del 3-4% all'anno su tutti i mercati mondiali e sono positive anche quelle per il packaging. Le carte per banconote da tempo non sono più considerate un'attività principale. Nel 2020 Fedrigoni Brasil Papeis, specializzata in questo settore, è stata ceduta e il progetto è di vendere tutto il business. La trasformazione del gruppo ha riguardato sia il fronte produttivo sia quello organizzativo, con 30 dei 40 top manager mondiali sostituiti negli ultimi mesi. Per quanto riguarda il futuro, il gruppo veronese - 21 stabilimenti produttivi in diversi Paesi e 4mila dipendenti - punta ad avvicinarsi entro il 2023 a due miliardi di fatturato e 300 milioni di margine operativo lordo, progettando nel frattempo l'uscita del fondo d'investimento dal capitale. In un'intervista al Sole24ORE il ceo Marco Nespolo ha dichiarato che la soluzione naturale per l'exit è la quotazione in Borsa ma i tempi e la strada da imboccare saranno dettati dalle condizioni dei mercati finanziari. Quando il fondo comprò il gruppo, il fatturato era di un miliardo con un ebitda di 100 milioni.