L'amministratore delegato di WeWork, Adam Neumann, ha deciso di dimettersi. Da tempo era sotto pressione di diversi membri del cda vicini al socio per eccellenza: Softbank. Il gruppo di Masayoshi Son, che aveva sempre chiuso un occhio sugli eccessi dei vertici, già a gennaio 2019 aveva ridotto da 16 a due miliardi di dollari il suo programmato investimento nella compagnia. Neumann, imprenditore carismatico e controverso, aveva fondato la società specializzata nella ricerca di spazi per uffici condivisi nel 2010 insieme Miguel McKelvey. La spregiudicatezza e l'anticonformismo, che l'avevano reso famoso e accresciuto la notorietà del brand, in vista del debutto in Borsa di Wework si sono trasformati in fattori negativi. Il tentativo di arrivare a una grande collocamento azionario iniziale infatti era fallito anche per via di polemiche su conflitti di interesse, perdite e inadeguata governance. Ad agosto la società aveva reso pubblici i suoi dati finanziari. Erano emerse ingenti perdite, per 1,4 miliardi di euro solo nel 2018, e anche comportamenti poco corretti di Neumann stesso. L'imprenditore aveva per esempio assicurato prestiti personali usando l’azienda come garanzia e aveva affittato a WeWork alcuni uffici in cui lui stesso aveva investito. Lo sbarco al Nasdaq, avrebbe dovuto avvenire nella settimana del 23 settembre ma la valutazione richiesta di 47 miliardi di dollari venne bocciata dai potenziali investitori e questo ha spinto la società a ridurla a 10-15 miliardi. Successivamentre l'azienda ha deciso di rinviare l'ipo di almeno un mese. Al posto di Neumann, il vicepresidente di WeWork, Sebastian Gunningham, e il presidente e ad della società Artie Minson sono stati nominati a interim co-ceo. Nel frattempo si cerca un successore permanente. A Neumann rimarrà la carica onorifica di presidente non esecutivo della casa madre, We Co, e le azioni nelle sue mani avranno soltanto tre diritti di voto ciascuno invece dei 20 in precedenza. Inoltre non avrà controllo di comitati del board. Oggi WeWork ha 500 sedi nel mondo in 29 Paesi, Italia compresa, ma secondo rumors starebbe considerando una ristrutturazione che potrebbe portarla a tagliare tra i 5mila e i 15mila posti di lavoro.