Le torri di Inwit tornano al centro dell'attenzione di Ardian
Le condizioni d'investimento però nel frattempo sono cambiate
Una ricerca su larga scala condotta da Oliver Gottschalg, professore di strategia e politica aziendale presso l'Hec School of Management di Parigi, ha rivelato che la diversità di genere nel private equity non è una questione che riguarda solo la parità di genere ma contribuisce anche all'aumento delle transazioni di successo. I team con maggiore diversità di genere hanno rendimenti più elevati e un minor rischio di fallimento rispetto ai gruppi di lavoro composti da soli uomini. In dettaglio i team di buyout con almeno una donna hanno avuto un tasso interno di rendimento superiore del 12 per cento rispetto a quelli composti da soli uomini. Inoltre la diversità di genere ha ridotto il rapporto medio di perdita di capitale di un fondo dall'8% al 12%. Le operazioni guidate da donne- sottolinea ancora il professore - tendono anche ad avere periodi di mantenimento dell'investimento più lunghi. Questo può essere un segno di una trasformazione più profonda dell'azienda target e segnala anche il fatto che l'investimento viene mantenuto fino a quando non si è effettivamente realizzato il pieno potenziale di creazione del valore. I settori dove maggiormente le donne portano avanti operazioni di acquisizione sono le biotecnologie e l'It mentre sono meno presenti nei settori industriale, servizi commerciali, tecnologia, media e telecomunicazioni. Nonostante i buoni risultati della componente femminile il private equity ancora oggi resta un “old boys’ club”: le donne occupano solo il 9,4 per cento dei posti senior nel settore e anche in Italia la tendenza è allineata: è donna meno di un professionista su cinque. Nel venture capital la presenza femminile sta aumentando ma c'è ancora strada da fare: l'anno scorso le startup guidate da donne hanno raccolto 46,3 miliardi di dollari in capitale, rappresentando il 20% di tutto l'investito, mentre tra i venture capitalist degli Stati Uniti solo il 12% è donna.