Sagitta (gruppo Arrow) raccoglie capitali per npl e distressed
Ok alla commercializzazione di un nuovo veicolo feeder che foraggerà un fondo master
La capacità di investimento nel private equity oggi è ai suoi massimi. Il valore dei deal nel 2018 a livello mondiale è stato il secondo più alto dalla crisi finanziaria del 2008 ma la riduzione dei costi, che è stato uno dei principali strumenti utilizzati dal private equity per effettuare le transazioni, non è più sufficiente a generare rendimenti. Lo testimonia il report “Creating Value behind the deal: Private Equity” di PwC. Per comprendere i fattori che influenzano le prestazioni dei fondi, la società di consulenza ha intervistato 100 dirigenti di società attive sul mercato in tutto il mondo cercando di capire come realizzino il massimo valore nelle loro operazioni e quali siano i fattori chiave. Dal report emergono anche indicazioni e azioni concrete su come massimizzare il valore degli investimenti. Secondo la ricerca infatti per il 70% dei private equity che negli ultimi 36 mesi hanno concluso una operazione la riduzione dei costi ha contribuito a creare valore nel loro deal ma solo il 45% ha offerto un miglioramento delle entrate. Mai come oggi emerge la necessità, per un fondo di private equity, di approcciare un investimento con un piano strutturato di creazione di valore. L’ampia disponibilità di capitale, i multipli di acquisto in continua crescita e la crescente difficoltà di “arbitraggio” sui multipli stanno riducendo la proporzione delle operazioni con ritorni maggiori a due (-45% negli ultimi otto anni). Ciò che oggi potrebbe creare valore invece è l'ottimizzazione del capitale circolante che oggi vale 1,2 trilioni di euro e una maggiore comprensione del mercato. Il finanziamento e la strutturazione degli accordi rimangono importanti, ma – scrive Pwc – è necessario individuare aperture e orientare le imprese verso mercati più redditizi oppure essere in prima linea per cogliere i cambiamenti dei consumatori