Liuc: occhi puntati sul private banking
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Il private equity lavora tanto e bene, nonostante l’emergenza sanitaria che ci ha colpiti da inizio anno. PwC, insieme ad AIFI, ha appena presentato i dati del primo semestre del mercato italiano e sicuramente un impatto della pandemia c’è stato. Il primo trimestre era partito con il segno positivo poi il lockdown ha inciso sulla operatività, rimandando purtroppo alcune operazioni la cui conclusione dovremmo vedere nella seconda parte dell’anno. In questi mesi, inoltre, gli operatori si sono adattati alle nuove disposizioni e hanno lavorato ai dossier rallentando alcune attività come gliincontri con i manager o le visite alle imprese. Se guardiamo ai dati del primo semestre, raccolta complessiva (sul mercato e captive, cioè proveniente dalla casa madre) è stata pari a 960 milioni di euro, in aumento del 121% rispetto al primo semestre del 2019. L’ammontare investito è stato pari a 1,9 miliardi di euro, in calo del 25% rispetto ai 2,5 miliardi del primo semestre 2019, mentre il numero di operazioni si è attestato a 125, anch’esso in diminuzione del 25%. La raccolta positiva porterà sicuramente alla chiusure di nuove operazioni ma per il momento, molti operatori scandagliano e approfondiscono i dati contenuti nei dossier sul tavolo per trovare progetti che puntino alla crescita e alla internazionalizzazione. Non solo, anche le attività di turnaround, ovvero quelle dedicate al risanamento di aziende che sono in fase di tensione finanziaria, sono in crescita. In questi mesi, l’attenzione degli operatori ha seguito soprattutto due direttive: guardare nuove opportunità all’interno di alcuni settori specifici e dare grande attenzione al portafoglio delle imprese per mettere in sicurezza le loro partecipate e poi, successivamente, per trovare delle opportunità di add-on ovvero di acquisizioni di aziende a loro utili, per far crescere più velocemente le proprie partecipate. Molti chiamano la prima fase, repair, attività in cui si sistema ciò che non ha funzionato, la seconda, reshape e rethink cioè di ridisegno e di analisi per pensare al loro futuro. In effetti, tutti noi con la pandemia abbiamo subito uno shock e abbiamo ripensato al nostro modo di lavorare. Quello su cui stanno poi lavorando moltissimi investitori è la focalizzazione verso la digitalizzazione e il mondo Ict, diventati essenziali con la pandemia. Il virus infatti, ci ha permesso di trovare in questo periodo di grande difficoltà l’opportunità di ripensare ad alcuni processi nell’offerta dei beni e servizi e nello svolgimento del proprio lavoro. Tutto ciò che riguarda non solo il software ma anche l’hardware di base è da potenziare e concerne tutto il territorio italiano. La geografia nel private equity mostra infatti una forte tendenza a investire nel nord, dove nel primo semestre sono state chiuse 66 operazioni rispetto a un centro che segna 25 e a un sud che ha avuto una piccola crescita arrivando a 22 operazioni rispetto alle 11 del primo semestre dello scorso anno, ma sempre fanalino di coda. Digitalizzare, tutto il Paese, investire in Ict e cyber security, queste potrebbero essere le leve su cui puntare nei prossimi mesi e se guardiamo ai deal in pipelinevediamo come questi due ambiti sono già una priorità: Telepass; Open Fiber, Telecom, Techedge e Nexi-Sia, solo per citarne alcune. Infrastrutture e software oltre che a sicurezza informatica devono andare a braccetto e progredire insieme così da permettere al Paese di avvantaggiarsene e crescere, cogliendo questo periodo di difficoltà come una opportunità di crescita a e sviluppo. Se è vero che è difficile fare previsioni su quello che saranno i prossimi mesi, di sicuro però possiamo dire che investire su queste direttrici può far sicuramente bene alle imprese, al suo indotto, al territorio e a chi ci vive.