Studi e approfondimenti
17 Aprile 2023

Tre domande a…Evarist Granata

L’intervistato della settimana è Chief Executive Officer di Alternative Capital Partners

 

Il mercato del private capital è cambiato e cambierà nel prossimo triennio; quali sono le principali tendenze secondo il suo punto di vista?
Il mercato del private capital in Italia negli ultimi anni si sta dimostrando vivace con un trend di crescita lungo tutte le asset class. Come emerso da un’analisi condotta da AIFI in collaborazione con PwC, il 2022 è stato, infatti, l’anno record di investimenti in private capital in Italia raggiungendo circa 23,6 miliardi di euro e 848 operazioni, con una crescita rispetto al 2021 del 61% in termini di valore e del 35% in termini di volumi. Numeri importanti, insomma, che danno evidenza di crescita in tutte le asset class e testimoniano la vivacità del nostro mercato, il quale presenta consistenti opportunità sia per gli alternative asset manager che per gli investitori locali, in particolare per coloro che sono interessati a investimenti ESG, in linea con l’SFDR e la tassonomia EU, in quanto maggiormente resilienti ai rischi e alla volatilità di mercato. 

Dal nostro osservatorio, le principali tendenze del mercato in Italia per i prossimi tre anni corrono lungo tre direttrici: infrastrutture, private debt e venture capital. Nel dettaglio.

  • Gli investimenti in infrastrutture aumenteranno sia sul fronte dei large e mega deal (con ticket superiori ai 100 milioni di euro) che verranno perfezionati da operatori esteri e locali per il tramite di partenariati pubblico-privati, che sul fronte di operazioni medio-piccole (con ticket inferiori ai 100 milioni di euro) focalizzate quest’ultime prevalentemente nei segmenti quali efficienza energetica ed energia rinnovabile, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di investimento sostenibile in linea con il PNNR, lo PNIEC (Piano Nazionale Energia e Clima) e con i target climatici europei per la decarbonizzazione del “Fit for 55”. 
  • La crescita degli investimenti in Private Debt porterà a una maggiore adozione di strumenti più sofisticati di finanza sostenibile come, ad esempio, i green / sustainable linked bond sia senior che junior, tecnologie avanzate fintech come la blockchain per tokenized debt securities e l’open banking, modelli di finanza strutturata quali basket bonds/ABS, convertible loans, garanzie pubbliche. Tali investimenti saranno supportati principalmente da FIA, Fondi di Fondi e gli istituiti bancari nazionali. 
  • Rimarrà positivo anche il trend di crescita degli investimenti in VC, dove prevediamo la nascita di nuovi prodotti tematici, in particolare in ambito social e climate, con profili ESG/Impact, supportati anche da grandi investitori istituzionali nazionali ed esteri pubblico/privati.

Questi mesi possono essere una grande opportunità per l’economia italiana e per le tante imprese che la compongono; quali le sue previsioni o aspettative?
Le imprese italiane ed il nostro sistema economico-finanziario stanno vivendo in meno di 36 mesi la combinazione di una “tempesta perfetta”: una crisi pandemica a livello globale, una crisi geopolitica ed energetica legata ad un conflitto bellico ancora in corso, una crisi climatica con effetti devastanti e cambiamenti urgenti da adottare, turbolenze macro-economiche e impatti su sistema bancario con esplosione dei tassi di interesse e dell’inflazione mai registrati con questa velocità. 

In un contesto di tale complessità è difficile fare previsioni di medio-lungo periodo; tuttavia, i recenti avvenimenti ci hanno insegnato quanto siano strategici per gli investitori (in particolare per le nuove generazioni), le imprese e interi Stati: (i) l’indipendenza energetica; (ii) l’on-shoring di determinate filiere produttive tramite riorganizzazione delle stesse all'interno di confini geopoliticamente più sicuri (es. nazionali o interni alla UE);  (iii) la capacità di generare crescita riducendo i rischi climatici e gli impatti ambientali dei gas serra, in primis la CO2. 

In tal senso, l’Italia ed il sistema produttivo delle PMI e delle grandi imprese dovranno sapersi adattare velocemente a questi nuovi scenari, con un particolare occhio di riguardo alla sostenibilità e alla riduzione della propria impronta di carbonio secondo gli obiettivi europei al 2030 fissati dal Fitfor55. In questo senso, sarà necessario un rafforzamento della produzione locale, piani di formazione personale specifica, innovazione e trasformazione in logica “Green Premium” nei nostri settori industriali più di rilievo in prevalenza energivori e/o oggi ad elevata impronta di carbonio. Penso alle filiere di automotive, chimica di base, materiali per l’edilizia, farmaceutico, tessile, agri-food, ecc... 

Certamente le sfide e le opportunità maggiori potranno derivare dai settori strategici della cosiddetta “TransizioneEnergetica” quali quelli delle rinnovabili, della mobilità sostenibile e dell’economia circolare. L’Italia, ad oggi, può diventare un hub europeo strategico per la produzione, accumulo e distribuzione di energie rinnovabili. In primis, ci sono ragioni morfologiche e climatiche: nel Mezzogiorno ci sono mare, vento, sole. Terna per la parte elettrica e Snam per quella del gas sono in grado di garantire infrastrutture energetiche interconnesse tra le più tecnologicamente avanzate d’Europa. Le risorse rinnovabili comprendono biocarburanti avanzati, tra cui il biometano prodotto da scarti delle filiere agricole e di allevamento. L’Italia può vantare una delle filiere produttive di biogas più diffuse in Europa con importante potenziale di crescita sia per impianti nuovi che per l’upgrading al biometano di impianti esistenti. Inoltre, prevediamo grandi opportunità nei prossimi anni nella realizzazione di giga-factory per la produzione di rinnovabili da eolico off-shore e idrogeno abbinati a sistemi di accumulo sempre più efficienti, anche con il supporto del PNNR. In questi settori convergeranno sempre di più gli interessi di capitali privati e pubblici, con processi autorizzativi che ci auguriamo il prossimo governo possa ulteriormente semplificare, per cogliere l’obiettivo di 70 GW di nuovi impianti rinnovabili entro il 2030.              

Quale il ruolo dei fondi da lei gestiti? Cosa servirebbe per poter fare di più per l’economia reale?
La missione di ACP SGR dalla nostra fondazione nel 2018 è stata sempre quella di coniugare principi ESG e investimenti alternativi innovativi a elevato impatto su ambiente ed economia reale tramite fondi di investimento classificabili art.9 o art. 8 secondo l'SFDR.

Nello specifico, il Sustainaible Securities Fund (SSF) è il primo ed unico FIA di impact investing ex art. 9 dell’SFDR PIR Alternative Compliant oggi operativo in Italia dedicato al finanziamento di nuove infrastrutture a supporto della transizione energetica nei segmenti delle rinnovabili, dell’efficienza energetica e dell’economia circolare. Il Fondo ha già concluso due operazioni con rendimenti attesi ben superiori al suo target IRR, e ha sottoscritto un infrastructure green bond quotato sul mercato ExtraMOT PRO3, andando ad impiegare in modo efficace, efficiente ed in tempi rapidi i capitali che ACP SGR ha già raccolto da primari investitori istituzionali esteri e italiani, tra cui la Banca Europea degli Investimenti (BEI) con la garanzia del Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (FEIS), istituti bancari, casse di previdenza, compagnie di assicurazione e fondazioni bancarie. 

Con il fondo SMes Alternative Credit (SMAC) - il primo FIA italiano ESG specializzato nel Credit Trading – abbiamo supportato le PMI e le Microimprese italiane che necessitano di strumenti di liquidità innovativi a breve termine, agevolando quelle che presentavano profili con migliori Score di sostenibilità. Infatti, questo fondo è classificato come art. 8 della SFDR. 

La forte crescita dell’inflazione e le tensioni geopolitiche provocate dal conflitto russo-ucraino rappresentano una minaccia per la tenuta del nostro tessuto economico e sociale imponendo risposte a supporto dell’economia reale che vadano oltre le pure soluzioni emergenziali: la nostra economia è ferma da trent’anni e l’Italia è l’unico Paese dell’UE, insieme alla Grecia, che non ha ancora recuperato il livello di Pil del 2008. Addirittura, i salari reali sono calati rispetto al 1990. Anche se tutte le risorse del PNRR fossero investite entro il 2026, non basterebbero a recuperare il tempo perduto. La ricetta è tanto semplice quanto complessa da realizzare: per far ripartire la crescita dell’economia reale italiana abbiamo bisogno, accanto agli investimenti pubblici, di una massiccia iniezione di investimenti privati, provenienti dal mondo previdenziale, assicurativo e bancario, oltre che dalla ricchezza finanziaria privata. Gli ingredienti principali per il successo di questa ricetta sono:

  • l’adozione rapida di nuovi Fondi di Fondi a partecipazione pubblico-privata con eventuali strumenti di garanzia per le asset class più rischiose;
  • il rafforzamento del meccanismo dei benefici fiscali dei PIR Alternativi, estendendo gli stessi a nuove categorie di beneficiari e premiando maggiormente gli investimenti green e sostenibili;
  • favorire ulteriormente l’accesso degli investitori retail / semi-professionali ai private assets attraverso le reti di distribuzione di private banking;
  • semplificare la sottoscrizione e trasferibilità degli strumenti finanziari (quote di FIA, bonds, equity, etc.) a favore di PMI e investitori grazie alle nuove tecnologie e normative su fintech di recente emanazione. 

 

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Aut. Trib. Milano n.38 dell'8 febbraio 2016
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